Tutti noi abbiamo dei nemici, delle persone che ci odiano, ma ne abbiamo altrettante che ci amano o che almeno ci rispettano. Certo, io forse sono stato ingenuo a pensare che nel mio caso le persone fossero divise in chi mi vuol bene e/o rispetta e in chi non mi considera affatto. Forse perché vedo tante persone che credono di essere odiate/invidiate e che i riflettori siano sempre puntati su di loro. Chissà, forse hanno ragione e io torto. Del resto, io sono uno che si espone, che dice ciò che pensa, giusto o sbagliato che sia, ma è quello che penso: come potevo dunque pensare che non ci fossero persone che mi odiano? Ma questo non importa: nemmeno nella più bella e utopistica società potremmo piacerci e volerci bene tutti. Il problema però, in quanto artista, è un altro: se un artista mi sta antipatico come persona o per le sue idee politiche, io lo critico come persona, non come artista. Certo, è ovvio che in ogni caso, non gli regalerei i miei soldi, ci mancherebbe, ma criticare un artista in quanto tale solo perché si odia la persona è da perfetti idioti e immaturi. Ma non è finita qui, c’è chi si inventa un qualsiasi rango sociale e condizione economica e te la attribuisce pensando di offenderti. Sarà che vesto sempre allo stesso modo e non mi interessa più di tanto spendere soldi per i vestiti, ma di certo non pranzo con un panino, se non nelle rare volte in cui mi trovo fuori casa (e deve essere rigorosamente vegan). Lo dico senza vanto né vergogna: non sono ricco e non mi posso permettere tutto e subito, ma la fame io non l’ho mai patita, grazie soprattutto a una madre che non mi ha fatto mai mancare nulla. Anche se io odio il superfluo: mi basta il necessario. Ma ammesso che un individuo, in questo caso un artista, fosse talmente povero da non poter nemmeno mangiare, forse sarebbe una colpa? Un insulto del genere offende chi REALMENTE è povero al punto da non poter mangiare. Se poi non sei asservito al potere e credi che NULLA possa giustificare l’autoritarismo e le restrizioni di libertà (anche la sospensione della banale democrazia e dei diritti costituzionali), oltre a essere un pessimo scrittore, diventi anche una persona “poco seria”. Saranno seri coloro che ritengono giusto l’autoritarismo, la delazione e che vogliono i militari nelle strade? Saranno seri coloro che credono a qualsiasi fesseria dell’informazione di regime? Ma riflettiamo ancora un attimo, dunque: che senso ha offendere un artista in base al fatto che ti sta antipatico, in base alle sue idee politiche e in base al suo presunto rango sociale? Forse che i poveri non dovrebbero praticare arte? I grandi artisti erano forse tutti simpatici? Erano forse tutti asserviti al potere e ritenevano giuste le leggi in ogni caso? Forse che io dovrei criticare certi scrittori in quanto tali perché si asservirono al fascismo? E per quanto riguarda il successo: quanti artisti, tra quelli che oggi consideriamo dei grandi, ai loro tempi non erano considerati affatto? Non che mi interessi il successo, che è soltanto uno dei tanti diversivi del mondo civilizzato (scrivo perché ne ho voglia, perché sento la necessità di esprimermi, nient’altro), ma bisogna pur rispondere a certe fesserie. Del resto, uno dei motivi principali per cui scrivo è proprio questo. Odiatemi pure perché non sono uno schiavo che difende il padrone, criticatemi pure come artista, dopo aver letto i miei libri e non per pregiudizio, ma lasciate in pace i poveri e non usate certi aggettivi come un insulto. Il mio romanzo “Voler bene in segreto“, infatti, parla anche di loro, di chi, a differenza mia e di tanti altri, non riesce neanche a mangiare. Ma il mio romanzo è soprattutto un libro sui sentimenti, in cui, paradossalmente l’affetto si tiene in segreto e l’odio è espresso sempre in maniera più o meno esplicita. Nella realtà, a quanto pare, è un po’ diverso: c’è chi preferisce odiare in segreto, ma neanche più di tanto, perché i sentimenti, negativi o positivi che siano, non si possono reprimere per sempre.
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